mercoledì 21 luglio 2010

IL QUARTO SIGILLO - un racconto. Seconda parte.

Lo spadaccino si fermò a riflettere, ma ci mise poco a concludere che l’altro sopravvalutava gli umani, così replicò quasi subito

“Non hanno il giudizio necessario… lasceresti forse che un infante gestisca la casa dove abita?”

“Un infante è un infante, gli esseri umani sono ormai molto meno giovani, dovrebbero sapersela cavare; se così non fosse, che si arrangino…”

L’altro era titubante, intravedeva un fondo di verità nella teoria dell’arciere ma non riusciva ad ammetterla con se stesso.

Lasciarli liberi di decidere del proprio destino forse era addirittura più gravoso che decidere per loro. Gravoso per esseri responsabili, razionali e morali.

Pensò che gli umani non avevano nessuno di questi requisiti: creature che distruggono se stessi e gli altri membri della stessa specie non hanno niente di razionale.

Non avrebbero compreso il peso di tale responsabilità, sarebbero stati solo meglio nell’ignoranza che nella consapevolezza. Il che non era ammissibile.

Dall’enorme finestra, intanto, bagliori luminosi e strane figure di uccelli saettavano tra le nubi rossastre, sembrava imperversare uno strano temporale.

In quell’istante, dalla parete bianca opposta alla finestra, si delineò una porta che prima sembrava non esserci. Ne usci una figura alta ed esile con i capelli grigi e lunghi, una tonaca malridotta di un colore indefinito ma sicuramente molto vecchia; portava con se una bilancia nella mano destra e con la sinistra si chiuse la porta alle spalle.

“Alla buonora!” - lo apostrofò quello con la spada - “ dipendesse da te, gli umani dormirebbero sonni tranquilli…”

lo ignorò e si rivolese all’altro occupante della stanza

“salve fratello”

“ben arrivato, ti stavamo aspettando…”

Posò la bilancia sul tavolo dove stava anche l’arco e si sedette. Dopo qualche minuto di silenzio, le pallide labbra del nuovo arrivato si mossero

“ho fatto tardi poiché ho riflettuto”

Gli altri due si girarono contemporaneamente e lo spadaccino sbottò “Dio misericordioso, eccone un altro…”; l’arciere accennò un sorriso al sentire quelle parole e chiarì subito il significato di quell’imprecazione rivolgendosi al pallido “sai, ne stavamo discutendo anche noi…”

La discussione, che sembrava chiusa, aveva un nuovo partecipante e la cosa irritava non poco lo spadaccino che cercò subito di smorzarla

“Facciamo così, voi mi dite cinque buoni motivi per cui gli umani non meritano il destino che, vi ricordo, siamo qui per infliggere loro ed io prenderò in considerazione l’ipotesi di non andare; in caso contrario dovrete ammettere che quello che dite non ha senso.”

Il Pallido e l’arciere si guardarono a vicenda e colsero al volo l’invito dello scostante compagno.

Cominciò l’arciere “ Io per esempio trovo che non tutti siano preoccupati solo di distruggersi l’un l’altro. piuttosto ci sono molti esseri umani che lasciano la propria casa per andare ad aiutare persone anche in luoghi molto distanti. Credo che sia un comportamento degno di lode”.

La risposta del guerriero, che ormai era entrato nello spirito del dibattito suo malgrado, non si fece attendere

“Ci sono anche molte persone che vanno negli stessi luoghi per sfruttarne popolazione e risorse. Ma facciamo finta che sia una ragione valida, che altro?”

Fu la volta di quello pallido

“Per quella che è la mia esperienza con il genere umano, posso dire che ritengo ammirevole il modo che hanno di non perdersi mai d’animo: più volte li ho afflitti e più volte sono risorti più forti di prima. Hanno un potere innato di adattamento e anche se hanno bisogno di attaccarsi a speranze fittizie per riuscirci, alla fine trovano sempre il modo di cavarsela.”

Dopo questo intervento, l’arciere volle aggiungere qualcosa

“concordo, e vorrei ricordare ai presenti che noi sappiamo meglio di chiunque altro che nel compiere tali imprese sono sempre stati assolutamente soli: per quanto aiuto abbiano chiesto, non gliene è mai stato accordato alcuno, dico bene?”

Lo spadaccino non trovava nulla di sensazionale nel cercare di riprendersi dopo una carestia o dopo una sciagura di qualsiasi tipo; nessun animale si lascia morire perché preso dallo sconforto, quindi nemmeno gli umani. Ciononostante ammise l’eccezione dei due e li esortò a trovare altre tre buone ragioni, convinto che non ci sarebbero mai riusciti.

1 commento:

  1. Interessante! Chissà quali saranno le altre ragioni... secondo me le trovano!

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